209 reviews for:

El atentado

Yasmina Khadra

3.69 AVERAGE


Quick, easy read. Very interesting perspective.

A few interesting quotes:
"there's no happiness without dignity, and no dream is possible without freedom."

"First of all, give God back his freedom. He's been held hostage to our bigotries too long."

"You don't choose your destiny, but it's good to chose your end. It's a democratic way of giving fate the bird."

Beautiful. It must be difficult to write about war from both sides's point of view yet without making one of them the right one and the other wrong. Both Palestinians and Israelis are right and both are wrong. Khadra makes it almost easy to understand how both sides arrive at the conclusions of their own following a perfectly logical way. If you cannot extricate yourself from the flow and the view the quotidianity offers you - you have no options.

It must be difficult to write a book with a war raging within its pages, yet making it a book about something even more important than the perennial struggle. There is a war going on, but the protagonist is untouched by it until the war comes to his home. I appreciated very much how Khadra managed to make his protagonist so human - more worried about himself and his honour than the reasons for the horrendous act committed by his wife. And loved how he managed to portray a character of a man that does not want to take the way of destruction and yet cannot resist to take it - too tempting not to look for some portion of truth.

Dr. Amin Jafaari's wife, Sihem, is responsible for a suicide bombing. He finds out the hard way, by identifying her body, and then must come to terms with her decision and the fact that she abandoned him.

I didn't expect this book to be as good as it was. I'm often wary of books purported to be excellent, specifically if they're described as "Literature" in the way that required reading for high school English is "Literature." However, I got it at the library, and I'm glad I did. It's extremely gripping, not necessarily because it's a thriller, but because the process the main character goes through is truly riveting and you feel for him. Being able to hear from the perspectives of some of the men who ran the organization with which Sihem was involved and seeing how their characters genuinely believed they were doing the right thing was also fascinating.
emotional reflective slow-paced
Plot or Character Driven: Plot
Strong character development: No
Loveable characters: No
Diverse cast of characters: No
Flaws of characters a main focus: Yes

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I learned about this book from The Economist, which praised the book's exploration of the mind of a suicide bomber. Indeed, this book is very thought-provoking, and I appreciated how the theme was treated in a straightforward yet fairly objective manner: the narrator is not only reliable, but sympathetic; the characters spouting platitudes seem to do so naturally.

I especially love the narrator's motto, inspired by his father:
Anyone who tells you that a greater symphony exists than the breath in your body is lying. He wants to undermine your most beautiful possession: the chance to profit from every moment of your life. If you start from the principle that your worst enemy is the very person who tries to sow hatred in your heart, you're halfway to happiness. All you have to do is reach out your hand and take the rest. And remember this: There's nothing, absolutely nothing, more important than your life. And your life isn't more important than other people's lives.
dark emotional mysterious tense medium-paced
Plot or Character Driven: A mix
Strong character development: Yes
Loveable characters: Complicated
Diverse cast of characters: Yes
Flaws of characters a main focus: Complicated

L'attentatrice inizia letteralmente con un'esplosione, un flashforward, in cui il protagonista, Amin, chirurgo di origine araba a Tel Aviv, viene ferito mortalmente nel mezzo di un attentato, e, steso a terra, devia dalla situazione attuale, di membra sanguinate, di urla, di scoppi, per andare indietro con la memoria ai frutteti della propria infanzia, una sorta di giardino paradisiaco. Questo dice molto di tutto il resto: si inizia con la fine, e alla fine, l'ultima immagine impressa nella mente del protagonista è di fuga rispetto al presente, di rintanamento nelle proprie fantasie dorate e rassicuranti, mentre attorno il nucleo problematico, turbolento del suo presente lo schiaccia, rimane, anche se Amin si ostina a voltare la testa.
Il libro si radica in un trauma, e dal trauma si muove, si trascina a mente annebbiata, confusa, anche rispetto al vero oggetto di ricerca, e inevitabilmente pone delle questioni controverse. Tel Aviv è il cuore economico dell'Israele, è il luogo del privilegio elevato, dei "grattacieli scintillanti", e il privilegio nella sua via più naturale, più facile tocca agli ebrei. Amin non è ebreo, Amin è arabo, viene da una famiglia di beduini, ma vuole la propria fetta di benessere, di successo nel paese in cui abita. Così fa ciò che fanno altri arabi in Israele: china la testa, subisce umiliazioni provocate dal sospetto, a sua volta dettato dal pregiudizio razziale (es: se un arabo ha una posizione più elevata di un ebreo nella carriera, è perchè i sostenitori della integrazione interrazziale gliel'hanno concesso, non perché effettivamente potrebbe essere più bravo di una persona in particolare, al di là dell'etnia dei colleghi), pensando al momento in cui avrà ottenuto il proprio posto lavorativo. Amin cerca di integrarsi adeguandosi al costume ebreo, cercando di essere alla loro altezza, di non dare loro motivo di dubitare del suo valore, al di là della sua etnia di appartenenza. Inevitabilmente smette alcune abitudini delle sue origini per vestire quelle dei suoi colleghi di lavoro, della sua città, allontanandosi dai suoi familiari. Il suo scopo è poter eseguire il suo lavoro di chirurgo, quindi salvare vite umane. Sembra distante, non del tutto informato, assume una sorta di disinteresse di fondo egoistico del privilegiato rispetto agli attentati della fazione estremista araba, i motivi dei terroristi non lo riguardano, non li capisce, sono un fracasso che gli dà la nausea, e che allontana, sapendo che nello spazio più intimo, nello spazio domestico, questo inferno non esiste. Si ritrova non di rado invaso da cadaveri in ospedale dopo l'ennesimo attentato, ma il suo ruolo attivo si limita a suturare, a fermare emorragie (salvare una vita non è mica poco). Tuttavia proprio nello spazio di benessere vacuo, nello spazio domestico si insidia ciò che minerà la sua psiche, il suo equilibrio. Amin infatti è sposato, e il suo matrimonio sembra un idillio, ben poco credibile anche per chi legge sin dall'inizio. Ciò che mi ha provocato molte domande infatti è come immediatamente si possa rintracciare la percezione estremamente superficiale che Amin ha delle donne nella sua vita, nella sua interiorità, e che ben presto si inserirà in un quadro complesso di personaggi che si scontrano con altri personaggi senza un tentativo reale di comprensione attenta, coraggiosa. Il fatto clou è che in seguito ad un attentato per cui ha prestato soccorso medico, Amin scopre che l'attentatrice kamikaze era proprio sua moglie. Nega che sia possibile, nega che possa essere accaduto un nascondimento da parte di sua moglie, compagna fidata, una sorta di anima celestiale che ha coronato la sua vita, nega che sua moglie possa appartenere alla realtà del terrorismo jihadista. "Io conosco mia moglie come le mie tasche", ultime parole famose.. La verità, però, è che è successo veramente, e lui era totalmente all'oscuro della causa che lei aveva abbracciato, e questo significa che in Sihem si nasconde tutto un mondo, tutto un cumulo di sentimenti che Amin ignorava. Il libro si chiama "L'attentatrice", ma di Sihem si parlerà solo per ciò che altri riferiscono di lei, in maniera incompleta, sommaria, influenzata inevitabilmente dalla percezione che i personaggi hanno del fenomeno del terrorismo. C'è Sihem secondo il marito, un essere totalmente improbabile. Per il marito ci sono i progetti che lui aveva fatto per lei, c'è un appartamento di lusso comprato per fare una sorpresa a lei, senza una sua precedente supervisione, c'è un'idea di felicità infantile, bucolica, sostenuta da basi palesemente insufficienti. Sihem sembra felice, forse perché ansiosa di compiacere perlomeno in un confronto diretto il marito. Si figura una donna che dovrebbe essere felice per il semplice fatto che il concetto limitato, ancora acritico di felicità che il marito ha inseguito possa valere anche per lei. Le donne come persone dotate di un'esistenza indipendente rispetto ai crucci o le gioie del protagonista sembrano esistere in un fondo della sua visuale, verso cui non si volta neanche la testa. Sihem non viene indagata sul serio, c'è l'ego di un uomo offeso da un tradimento, offeso dal rifiuto della moglie di ciò che ha offerto per lei. Sembra che il passato reale sia più simile non ad un amore gioioso condiviso, ma a un sogno inseguito in solitaria, da cui la moglie silenziosamente, a sua insaputa, si è staccata. Sihem rimane un mistero, appunto, il libro si annuncia inizialmente come una ricerca del perché dell'operato di Sihem, ma in verità c'è il processo di tormento volutamente inconcludente di un marito. C'è la sua pena, i suoi deliri di dolore, c'è la sua rabbia, il suo risentimento, c'è la caduta dall'Eden ritagliato in piena Tel Aviv, c'è il crollo di un castello di carta. Infatti mi ha sconcertato constatare come i ricordi della moglie che sopraggiungono nella mente di Amin, una volta scosso dalla notizia, interrogantesi sui motivi di un gesto simile, siano totalmente estetizzanti. Sihem che contempla per ore il mare, senza che il marito ne sappia il motivo profondo (?!), Sihem che corre euforica per il suo nuovo appartamento (?!), forse facendo vedere al marito la scena paradisiaca che voleva esperire, cercando di crederci a sua volta. Non a caso nei momenti di maggiore crisi Amin immagina di tornare in un ideale grembo, nel momento dell'esplosione trasfigura una donna che corre a soccorrere il proprio bambino come la propria Madre, poi come una vergine eterea venuta a salvarlo, e forse a questo si riduce il nucleo più profondo del suo rapporto con le donne (era una ripetizione troppo esplicita perché potesse essere casuale, in quanto l'amica Kim, che gli sta vicino nel lutto, che si preoccupa di non lasciarlo solo, di supportarlo, viene quasi tollerata a fianco, viene percepita come funzionale al proprio lutto immane, viene ringraziata, e proprio nel momento in cui esiste come sua soccorritrice, nel momento in cui Amin si rende conto del suo aiuto, la sua bellezza femminile è quella di un "angelo custode"). Non è che semplicemente Amin non ha mai conosciuto sua moglie, la domanda vera è: Amin è in grado di conoscere sul serio una persona, più specificamente, urgentemente, una persona diversa da lui?
Ciò che in verità si regola nel percorso del protagonista durante la vicenda è proprio cosa stia cercando davvero di ottenere, e forse in misura personale è deludente. La natura di Amin esce fuori completamente, ciò che scopre in primo luogo è se stesso, i suoi desideri più fondamentali, tanto che si rivela essere più importante poter perlomeno mettere qualche toppa alla propria "felicità" contaminata, piuttosto che andare a fondo nella realtà del terrorismo, al di là di considerazioni svelanti soltanto un primo strato del fenomeno (contestualizzato però nel 2005). La realtà dei kamikaze e degli arabi "estranei" si scontra, e Amin si conferma - anche davanti a se stesso - incapace di comprendere al di là di conclusioni tratte di getto, in modo sin troppo fulmineo e non ritrattato per essere considerate affidabili, sono un segnetto fiacco, stanco, non troppo interessato in un mare di domande estremamente urgenti. Lo scontro infatti è completamente umorale, e in verità, pensando alla realtà del terrorismo, è difficile immaginare di un certo dibattito dal procedimento dialettico. Impossibile capire fino in fondo, e allo stesso tempo, specialmente alla luce della sequela di attentati, aggiornati ad oggi, 3 Aprile 2017, s'è detto molto di più, in modo molto più acuto, molto più approfondito, indagando nei gesti, nel non-detto, nelle motivazioni psicologiche, per l'appunto, che possono portare una persona dapprima isolata, a unirsi all'ondata terrorista. Un rabbia privata, tutta individuale, personale, e che ottusamente intende rispondere ai propri chiodi fissi, senza uscire dal proprio recinto mentale, è la rabbia di Amin. Incredibile come il tormento di Amin non porti, dall'inizio alla fine ad una modulata e intensa serie di domande, ma sia perfino monocorde, sembra una scarica febbrile, un urlo senza troppi scavi, che non siano le guance scavate, le manifestazioni meno sotterranee del problema. Questa rabbia si scontra con l'odio collettivizzato dei personaggi arabi estremisti che rifiutano il tipo di integrazione offerto da Israele, un odio che per essere sondato sul serio non va semplicemente ascoltato per cinque minuti. Il protagonista, logorato com'è dal deturpamento del proprio mondo, percepisce le personalità dei personaggi jihadisti senza soffermarsi troppo al riguardo. Le modalità di saggezza super-partes si fermano ad aforismi di anziani religiosi, espressi in maniera troppo semplicistica per fornire una sorta di suggerita, segreta risposta personale. In verità L'attentatrice si struttura palesemente come un romanzo che non intende dare spiegazioni definitive, che fa vedere in maniera sommaria (troppo, appunto?) le ragioni di una e dell'altra parte. Si serve del focus in prima persona di un personaggio che, morendo, fugge via, torna nel mondo di fantasia dapprima profondamente turbato, in una sorta di ultima liberazione da un presente incontrollabile. Anche dopo lo scontro altre donne compiono un atto suicida, e di nuovo sembrano insondabili, distanti, anche se fanno parte della cerchia di conoscenze stretta del protagonista. L'estraneità, la perplessità, la distanza è ineliminabile. Ci sono invece tanti personaggi, ognuno racchiuso, spesso solitario, nelle proprie ombre, un rigetto di insoddisfazioni, che sembrano tornare a capo, alimentando un cancro di grandi gruppi non in grado di convivere.

(Detto questo, mi permetto di dire che riguardo a uno dei suoi motivi scatenanti, pensando cioè alla mancata integrazione tra arabi e ebrei israeliani, ai problemi di convivenza, ho letto una resa molto più sfumata, acuta, spoglia delle "solite frasi", appunto dettagliata in L'amante di Yehoshua, per quanto fosse meno recente di questo libro).
challenging dark emotional informative reflective sad tense
Plot or Character Driven: Character
Strong character development: Yes
Loveable characters: Yes
Diverse cast of characters: Yes
Flaws of characters a main focus: No

 This book was my Algeria read for my country project. This was a beautifully written heartbreaking story about a man who comes to question everything about his life. Set in Israel and Algeria it is interesting to see the Muslim main character in the minority in one place and the majority in the other. The characters are deep, real feeling and the writing is just poetry. The book covers difficult subject matter- suicide bombings, religious intolerance, religious zeal, violence, oppression, anger, and fear. Definitely accomplished the goal of helping me get a glimpse into an unknown life. 



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"The Attack" in English. I'm not sure about this book. It's a short novel, less than 250 pages, and the writing is very good, quite poetic. The subject matter is so terribly hard, I'd say the story could be summed up like this : "the eternal cycle of violence". Interesting, but hard to read.
informative reflective tense