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A review by lalettricesolitaria
Notre-Dame de Paris by Victor Hugo
5.0
Quando parliamo di classici, c'è sempre questa sensazione di riverenza che ci costringe a non esprimerci negativamente sui libri, come se il solo fatto di aver attraversato i secoli indenni gli conferisse un'aura di invincibilità e di intoccabilità. Ebbene, per me non è così. Quando un classico non mi piace, io lo dico e la cosa per me importante è saperne spiegare nel dettaglio le cause, per offire a chi mi ascolta o legge la possibilità di riflettere sul fatto che tutto ciò che leggiamo va sempre guardato con occhio critico e mai accettato passivamente. I romanzi classici non devono essere da meno.
Non ti sarà sfuggito però che ho dato cinque stelle al romanzo di Hugo, quindi perché ho voluto iniziare la recensione con il discorso sulla critica ai romanzi classici? Per un semplice motivo: per quanto io mi sia approcciata alla lettura di un romanzo famosissimo e indubitabilmente affascinante, non posso negare che - secondo i criteri editoriali odierni - esso si presenti come ostico e di difficile leggibilità. Ci vuol coraggio a dirmi che i romanzi russi, miei adorati, sono pesanti. Per me, la pesantezza vera e propria è sempre stata nei classici francesi e in questo modo roboante di presentarsi al lettore con la loro presunzione, come tanti piccoli napoleoni in fila pronti a sbaragliare i nemici letterari (ma sappiamo bene chi ha sconfitto Napoleone he he he...).
Se io non avessi saputo che questo romanzo era di Hugo, lo avrei abbandonato dopo dieci pagine. Solo il clamore e la sua celebrità mi hanno consentito di spingermi a proseguire, e per carità, ho fatto la cosa migliore che potessi. Capite bene che un romanzo scritto oggi con questi criteri non sarebbe mai pubblicato nè preso in considerazione da una casa editrice sana di mente. A torto, perché Notre Dame ha una storia affascinante e avvincente, nota a tutti e di cui ho poco da dire. Ma è scritto in maniera tortuosa e complessa e ha comportato nella mia esperienza di lettura più di un bestemmione!
Prima di tutto, ha un incipit lentissimo e astruso, che parte con una roboante descrizione degli ambienti parigini, senza far intravedere minimamente al lettore dove si vada a parare. Per pagine e pagine.
In secondo luogo, la trama avvincentissima è spesso e volentieri interrotta da digressioni che vengono direttamente dalla mente dello scrittore, che non possono essere nemmeno considerati "spiegoni", ma veri e propri inserti di natura storica e sociologica inerenti la città di Parigi, confrontata tra Medioevo - teatro della storia - e Ottocento - in cui Hugo visse - che per quanto siano pregiatissimi, hanno il difetto intollerabile di disturbare la lettura e lasciarti col fiato sospeso nei momenti peggiori.
Questo si configura quindi solo in parte come un romanzo, mentre per buona parte è un saggio di natura antropologica e storica sulle usanze parigini e francesi, con molte riflessioni di carattere letterario - come quella apprezzabile sulla stampa, per esempio - o sulla nascita della città di Parigi da piccolo isolotto a grande città popolosa. Sicuramente son tutti inserti interessanti, presi singolarmente. Ma mentre andavano a interrompere la trama, mi hanno causato veramente tanto fastidio.
In aggiunta a tutto questo, prima di approdare a questa traduzione - Feltrinelli, la cui copia ha un gargoyle rosso in copertina - ho provato diverse altre traduzioni che mi son sembrate antiquate e troppo contorte. Per come è scritto questo romanzo, ritengo necessario avvalersi di una traduzione il più moderna e lineare possibile, invece. Con buona pace della prosa di Hugo che tanto potrebbe essere apprezzata solo se lo leggete in francese (operazione per cui onestamente non vi invidio).
A parte le questioni stilistiche, frutto di un'epoca in cui si scriveva diversamente, non è un mistero, sulla storia non ho davvero nulla da aggiungere rispetto a quanto detto da questo pianeta nei precedenti anni: Hugo racconta dannatamente bene, i suoi personaggi sono vivi, la sua comicità è pari alla tragedia che si respira nella Parigi del Gobbo e di Esmeralda. Ho amato il personaggio di Gringoire e perso una lacrima per quello di Quasimodo, indubitabilmente il meglio descritto e caratterizzato di tutti. Ho odiato potentemente quel maniaco bastardo di Frollo e alzato gli occhi al cielo per l'imbecillità di Phoebus. Ho sognato assieme ad Esmeralda e sperato sino alla fine in un finale degno per lei... Ma Hugo, per quanto sia in grado di cavalcare la comicità a livelli incredibili, conosce bene la vita e le sue insidie, la sua tragica ironia, e non risparmia niente al lettore e ai suoi fortissimi personaggi.
Ho avvertito come preponderante l'idea che l'inseguire i nostri desideri, di cui spesso non sappiamo nemmeno spiegarci la natura, sia la nostra gioia e la nostra condanna. Questo fanno i personaggi di Hugo, che si muovono su una scena roteante di eventi pronti a mettere in crisi tutte le loro certezze.
Ci sarebbe tanto altro da dire, ma spero di riuscire a farci un video per Youtube prossimamente che, se realizzerò, linkero qui sotto più avanti!
Non ti sarà sfuggito però che ho dato cinque stelle al romanzo di Hugo, quindi perché ho voluto iniziare la recensione con il discorso sulla critica ai romanzi classici? Per un semplice motivo: per quanto io mi sia approcciata alla lettura di un romanzo famosissimo e indubitabilmente affascinante, non posso negare che - secondo i criteri editoriali odierni - esso si presenti come ostico e di difficile leggibilità. Ci vuol coraggio a dirmi che i romanzi russi, miei adorati, sono pesanti. Per me, la pesantezza vera e propria è sempre stata nei classici francesi e in questo modo roboante di presentarsi al lettore con la loro presunzione, come tanti piccoli napoleoni in fila pronti a sbaragliare i nemici letterari (ma sappiamo bene chi ha sconfitto Napoleone he he he...).
Se io non avessi saputo che questo romanzo era di Hugo, lo avrei abbandonato dopo dieci pagine. Solo il clamore e la sua celebrità mi hanno consentito di spingermi a proseguire, e per carità, ho fatto la cosa migliore che potessi. Capite bene che un romanzo scritto oggi con questi criteri non sarebbe mai pubblicato nè preso in considerazione da una casa editrice sana di mente. A torto, perché Notre Dame ha una storia affascinante e avvincente, nota a tutti e di cui ho poco da dire. Ma è scritto in maniera tortuosa e complessa e ha comportato nella mia esperienza di lettura più di un bestemmione!
Prima di tutto, ha un incipit lentissimo e astruso, che parte con una roboante descrizione degli ambienti parigini, senza far intravedere minimamente al lettore dove si vada a parare. Per pagine e pagine.
In secondo luogo, la trama avvincentissima è spesso e volentieri interrotta da digressioni che vengono direttamente dalla mente dello scrittore, che non possono essere nemmeno considerati "spiegoni", ma veri e propri inserti di natura storica e sociologica inerenti la città di Parigi, confrontata tra Medioevo - teatro della storia - e Ottocento - in cui Hugo visse - che per quanto siano pregiatissimi, hanno il difetto intollerabile di disturbare la lettura e lasciarti col fiato sospeso nei momenti peggiori.
Questo si configura quindi solo in parte come un romanzo, mentre per buona parte è un saggio di natura antropologica e storica sulle usanze parigini e francesi, con molte riflessioni di carattere letterario - come quella apprezzabile sulla stampa, per esempio - o sulla nascita della città di Parigi da piccolo isolotto a grande città popolosa. Sicuramente son tutti inserti interessanti, presi singolarmente. Ma mentre andavano a interrompere la trama, mi hanno causato veramente tanto fastidio.
In aggiunta a tutto questo, prima di approdare a questa traduzione - Feltrinelli, la cui copia ha un gargoyle rosso in copertina - ho provato diverse altre traduzioni che mi son sembrate antiquate e troppo contorte. Per come è scritto questo romanzo, ritengo necessario avvalersi di una traduzione il più moderna e lineare possibile, invece. Con buona pace della prosa di Hugo che tanto potrebbe essere apprezzata solo se lo leggete in francese (operazione per cui onestamente non vi invidio).
A parte le questioni stilistiche, frutto di un'epoca in cui si scriveva diversamente, non è un mistero, sulla storia non ho davvero nulla da aggiungere rispetto a quanto detto da questo pianeta nei precedenti anni: Hugo racconta dannatamente bene, i suoi personaggi sono vivi, la sua comicità è pari alla tragedia che si respira nella Parigi del Gobbo e di Esmeralda. Ho amato il personaggio di Gringoire e perso una lacrima per quello di Quasimodo, indubitabilmente il meglio descritto e caratterizzato di tutti. Ho odiato potentemente quel maniaco bastardo di Frollo e alzato gli occhi al cielo per l'imbecillità di Phoebus. Ho sognato assieme ad Esmeralda e sperato sino alla fine in un finale degno per lei... Ma Hugo, per quanto sia in grado di cavalcare la comicità a livelli incredibili, conosce bene la vita e le sue insidie, la sua tragica ironia, e non risparmia niente al lettore e ai suoi fortissimi personaggi.
Ho avvertito come preponderante l'idea che l'inseguire i nostri desideri, di cui spesso non sappiamo nemmeno spiegarci la natura, sia la nostra gioia e la nostra condanna. Questo fanno i personaggi di Hugo, che si muovono su una scena roteante di eventi pronti a mettere in crisi tutte le loro certezze.
Ci sarebbe tanto altro da dire, ma spero di riuscire a farci un video per Youtube prossimamente che, se realizzerò, linkero qui sotto più avanti!