A review by lalettricesolitaria
Pageboy by Elliot Page

3.0

Ero molto interessata a questo memoriale, dal momento che Elliot è sempre stato uno dei miei attori preferiti: ha presenziato, quando era donna, a molti dei film che adoro, tra cui Inception, ed è stato protagonista di un bellissimo gioco di nome Beyond.
Ho sempre avuto la sensazione che avesse una personalità molto travagliata, che potesse dire molto più di quanto il cinema gli consentisse, affibbiandogli parti femminili in cui era chiaramente a disagio (e me ne accorgevo senza nemmeno sapere ancora tutta la sua storia). In ogni caso, per farla breve, durante la pandemia ha deciso di effettuare la transizione da donna a uomo, dopodichè ha scritto questo libro in cui ripercorre un po' la storia della sua vita, sino al momento dell'intervento di rimozione del seno. Sino al momento in cui da Ellen è diventato Elliot.

Purtroppo la lettura è stata faticosa.
A renderla poco piacevole non sono stati i contenuti, ma lo stile di scrittura. Elliot va avanti e indietro nel tempo, raccordando varie memorie che hanno segnato il suo percorso di transessualità e questa cosa è risultata molto dispersiva e francamente fastidiosa.
Ho letto un articolo su Bookriot in cui l'autore difendeva questo stile di scrittura denominato come cronologia transessuale, tacciando gli etero di non poterla capire. Secondo l'autore, il tempo di
una vita transessuale segue logiche non lineari, non c'è un prima e un dopo nella mente di chi vive questa vita, ma si seguono vicende avanti e indietro nel tempo in una esperienza singolare disponibile solo alle persone transessuali, quindi gli etero non possono permettersi di dire che il libro di Page sia poco lineare, perché una persona transessuale non ha il dovere di raccontarsi la vita come piace a noi, ma per come lui la sente.

https://bookriot.com/pageboy-and-trans-storytelling/

Ora, io sono tristemente eterosessuale ahimè, anche se mi considero non binary (e alcuni dei problemi che Elliot ha avuto col suo corpo li conosco bene anche io), ma non metto in dubbio che la qualità del tempo esperienziata da una persona transessuale possa essere diversa (se l'autore avesse letto Bergson, saprebbe che il tempo è sempre soggettivo nella percezione individuale, può essere diverso per ciascuno di noi). Tuttavia, credo che semplicemente il lavoro di cronologia transessuale, in questo libro, sia reso MALE. Tutto qui. Non è che non lo apprezzi come stile di narrazione: è che bisogna saperlo fare. Transessuale o no, la scrittura non è un dono del cielo, è un lavoro. Un lavoro che si impara con le tante letture e l'esercizio quotidiano. Scrivere un memoriale della tua vita, semplicemente, non ti rende uno scrittore: ti rende una persona che vuole raccontarsi. E va bene così. Ma dal punto di vista tecnico, va detto, questo libro continua a essere scritto male.

Già con un nostro antico esponente della tradizione italiana, Umberto Saba, troviamo una intera raccolta poetica fatta di rimandi psicologici che vanno avanti e indietro tra le liriche, seguendo un filo assolutamente non cronologico. Adesso non è qui si stia inventando niente. E lui lo seppe fare molto bene. Del resto, l'ho detto che la percezione del tempo ha poco a che fare con la nostra identità, molto con la nostra esperienza individuale. Non so se ha senso dire che Saba non era a sua volta eterosessuale (ma si è scoperto solo molto tempo dopo), dovesse mai questa giustificazione servire a qualcosa nell'ordine di idee dell'autore di Bookriot...

Il punto è che questa tecnica narrativa che fa avanti e indietro nel tempo poteva essere resa in maniera molto migliore, e nel libro risulta semplicemente svogliata: come se l'autore avesse scritto pagine di memorie e le avesse poi mescolate senza mostrare un reale filo effettivo conduttore. E il filo conduttore, la comprensione di desiderare non solo vivere la propria omosessualità, ma soprattutto sapersi vedere in un corpo maschile e non femminile, era già presupposto all'inizio della lettura, perchè io so chi è l'attore e ne conosco i trascorsi, come chiunque vorrà leggere questo libro.
Non è una sorpresa che scopriamo leggendo.

Quindi accetto e apprezzo la decisione di raccontarsi in modo non lineare, ma non si può certo dire che questo lavoro renda come avrebbe potuto. Di fatto, risulta una accozaglia di memorie giustapposte, in cui personaggi che spiccano e che effettivamente riescono a dare dimensione alla problematica di Elliot sono la madre, il padre con la sua seconda famiglia, e lo stesso Elliot con il suo disagio esistenziale.
Gli altri personaggi compaiono e scompaiono senza quasi sfiorarsi, in un continuo viaggio nel tempo dell'autore che ha solo il potere di far confondere il lettore, senza regalargli la dimensione profonda del tema trattato. Di nessun personaggio della storia, tranne di Elliot, sono riuscita a interessarmi. Erano tutti monodimensionali e privi di determinazione psicologica. Ma se essi dovevano rappresentare per l'autore i vari step della sua presa di coscienza, allora si doveva fare molto più di così, al netto di un intreccio non lineare.

Passi lo stile, la storia sicuramente è molto interessante, dato che a fatica sono riuscita a ricostruirla.
L'intervento non viene vissuto da Elliot come un punto di arrivo, ma come un vero e proprio punto di partenza, anche se posto alla fine del libro, consapevole di poter vivere adesso, se non altro, con il coraggio di guardarsi allo specchio e di piacersi.
Intensi sono i resoconti della sua disforia, dei suoi problemi alimentari, del terribile rapporto coi genitori divorziati, rapporto che gli ha consegnato una incapacità - da lui stesso affermata - di gestire relazioni sentimentali, tra rifiuto delle proprie esigenze e una tendenza a ficcarsi in situazioni ambigue e poco chiare.

Ma, e qui intervengo con una mia opinione di lettura personale, il vero problema che emerge dal libro, per Elliot, non è la disforia. Quella esiste, si attenua dopo l'intervento e sicuramente molti passi potranno essere fatti in merito.
Il vero problema di Elliot è Hollywood. Una Hollywood bigotta, benpensante, fatta di ricchi giudicanti, di attori primedonne, di maniaci sessuali, di gente incapace di stabilire rapporti intensi con persone che, per un motivo o l'altro, si discostano dalla "norma", quale che essa sia la norma, poi.
Elliot attraversa tutta la sua vita di donna pre intervento tra giudizi morali, imposizioni sull'aspetto, abusi psicologici e spesso anche fisici, sino ad arrivare al momento di liberazione post intervento e sentirsi dire persino da amici e colleghi che farsi rimuovere il seno non cambierà nulla.
CHE COSA???
Elliot vive in un luogo in cui è trattato come un pazzo da assecondare, un freak of nature, una persona che non ha il diritto di sentirsi bene nel suo corpo al netto di scelte anche drastiche. Per cui, la domanda che mi resta dopo aver letto le sue memorie è: se già prima dell'intervento era così considerato solo perchè lesbica, dopo l'intervento cosa ne sarà di lui e della sua carriera lavorativa?

Ricordo a chi non dovesse saperlo, che in Umbrella abbiamo visto Elliot essere Ellen per l'ultima volta nel personaggio di Vanya che, nella stagione successiva si è trasformato in Victor, con buona pace di registi e colleghi attori che hanno dovuto aggiornare il personaggio - diversificandolo da quello del fumetto di riferimento - e cambiare la sua linea di storia. Se i cast di Umbrella Academy avvenissero oggi e non prima della transizione, non credo che i registi propenderebbero per il scegliere lui, adesso che è uomo.

Io mi chiedo che spazio possa avere in un posto così di merda come Hollywood la sua persona adesso? Che film gli potranno mai proporre? Non più personaggi femminili (del resto prima del coming out le era stato consigliato di non dichiararsi lesbica per evitare di perdere parti e ingaggi), ma nemmeno maschili perché il suo aspetto - per quanto Pageboy - non sembra essere quello richiesto dai canoni del cinema americano.
Sembra adesso un ragazzo sbarbatello e non una ragazza, ma quanti ragazzi così sono presenti nel cinema di Hollywood? C'è già Chalamet per questo genere di parte e dubito fortemente che andranno a scegliere un uomo transessuale per interpretare un uomo etero (dal momento che la tendenza attuale del cinema americano prevede che l'attore debba interpretare quello che conosce e vive di persona - cosa che, a mio avviso, è solo limitante per tutti). Quindi Elliot potrà intepretare solo parti di uomini transessuali? Ed essere scelto solo perchè uomo transessuale e non più perchè è, prima di ogni altra cosa, un ottimo attore?

Dunque, se la transizione è per Elliot l'inizio della costruzione di uno straccio di serenità personale, cosa invece ne sarà della sua carriera? Per questo dico e sostengo fortemente che il vero nemico di questo attore, che compare come uno spettro in tutta la narrazione, sia l'America del cinema, bigotta, piena di pregiudizi e di perbenismo. Certo non può essere un problema il guardarsi allo specchio e desiderare di vedersi uomo, e non donna, perché solo chi vive sulla sua pelle questa condizione può davvero capire come sia pesante svegliarsi al mattino e non riconoscersi nello specchio. Ma è un problema vivere in questa società, quando al contempo devi affrontare gli spettri che ti porti dentro e in quest'epoca, secondo me, vivere in America ed essere transessuali è un bruttissimo tiro di dadi.