A review by nikolas_kolinski
L'isola di Arturo by Elsa Morante

hopeful lighthearted reflective relaxing slow-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? Yes
  • Loveable characters? Yes
  • Diverse cast of characters? No
  • Flaws of characters a main focus? Yes

1.5

  • L'isola di Arturo - recensione

Partendo in primis dal presupposto che il tema della storia è del tutto lontano dai miei interessi, pur avendo un potenziale e risultando in alcuni frangenti piacevole, l'incredulitá dinanzi al fatto che quest'opera della Morante sia stata tanto elogiata e premiata resta pur sempre ineluttabile. 

Lo stile lirico e quasi epico dell'autrice è innegabilmente piacevole a primo acchito, ma alla lunga non facilita la lettura.
 Il fatto che sia tanto pomposo lo rende infatti spesso eccessivo e melenso, e di certo il ritmo lentissimo e inesorabile della narrazione non aiuta. La penna dell'autrice sembra soprattutto cozzare con il tema trattato: il tentativo di sofisticatezza risulta infatti fuori posto nel contesto di una storia del tutto ordinaria - a tratti persino piatta e banale. Si volesse anche giustificare tale azione come un modo per elevare l'ordinarietà al livello dell'epica, lo sforzo dell'autrice rimane comunque fallace o quantomeno bizzarro e poco credibile (volendo cercare analogie, anche Joyce, nel suo Ulysses tenta di rendere epica l'ordinarietà - riuscendo al contempo anche magistralmente nel processo opposto -, ma l'operato e lo stile dell'autore risultano, al contrario della Morante, del tutto differenti e mille volte più funzionali e credibili).
Oltre al contesto della storia, che di certo non facilita l'intrattenimento e il coinvolgimento del lettore (se non in casi specifici di appassionati a questo genere di storie), il più grande e terribile problema della Morante è il ritmo - il cosiddetto pacing, elemento tanto caro oggi a pressoché qualunque scrittore, almeno in area americana-anglofona -: tutto, tutto (TUTTO!) risulta ugualmente e inesorabilmente lento e incessante, ridondante e privo di variazioni, che venga rappresentata una scena riflessiva o una più movimentata, una ingiustificata lentezza macchia l'intero volume (se venissero narrati normalmente e non ci si dilungasse costantemente in dettagli e descrizioni inutili, gli eventi della storia infatti occuperebbero probabilmente meno di 150 pagine).

I personaggi, se non in rari momenti, risultano essere quasi macchiette unidimensionali che assumono il proprio ruolo standardizzato (il padre assente che tiene al figlio ma non è in grado di garantirgli affetto; la madre che lo accudisce ma rivolge poi le attenzioni al nuovo nascituro, e così via). Arturo è pur sempre un personaggio che attraversa una crescita - questo è d'altra parte il ruolo del protagonista nei romanzi di formazione - e il comportamento di Wilhelm o Nunziata subisce delle variazioni nel corso del libro, ma la maggior parte delle loro interazioni con Arturo risulta quasi interrotta, diversa nella forma ma identica nel contenuto. Nunziatella poi, agli occhi di un lettore moderno, risulta essere un personaggio spesso quasi detestabile, eco di un passato e di uno stile che letti oggi risultano invecchiati e del tutto antiquati (l'attaccamento ineluttabile alla religione pare tossico e ingiustificato e contribuisce semplicemente a fare sembrare il personaggio più stupido).
Il suo personaggio risulta quindi semplicemente un segnaposto per rappresentare l'elemento materno e femminile nella vita di Arturo e il già menzionato sottotono religioso che il suo personaggio presenta costantemente è assolutamente detestabile, voce di un passato stupidamente attaccato alla Cristianità per nessun apparente motivo.
La crescita di Arturo è chiaramente l'elemento formativo ma non risulta di alcuno spessore, consiste semplicemente nell'accettazione della figura materna e degli affetti dopo un iniziale rifiuto (
che si manifesta oltretutto attraverso una sorta di sindrome di Edipo che lo porta ad un attaccamento morboso verso la madre
), nell'accettazione di sé (dopo numerose turbolenze e disagi esistenziali tipici dell'adolescenza) e nell'accettazione della necessità di alimentare il suo giusto desiderio d'indipendenza attraverso l'esperienza del viaggio (in questo senso la parte finale del libro risulta particolarmente apprezzabile
: l'arrivo inaspettato di Silvestro è un elemento che sorprende piacevolmente - il suo personaggio poi, pur essendo presente per poche pagine, risulta di gran lunga meglio caratterizzato di altri personaggi principali - e questo momento segna FINALMENTE una variazione nel ritmo, che nelle  ultime pagine si fa davvero rapido ed avventuroso pur mantenendo il tipico tono riflessivo


Nel complesso, risulta impossibile concepire che un libro del genere possa persino aver vinto il premio Strega e aver entusiasmato qualcuno a quel punto. Fermamente restando che l'opera mantiene i suoi difetti e non può di certo essere definita un capolavoro, si può pur sempre riconoscere che i lettori appassionati di storie di formazione e ad ambientazioni italo-partenopee potrebbero trovare ne L'isola di Arturo almeno una piacevole lettura. 

Quelli come te, che hanno due sangui diversi nelle vene, non trovano mai riposo né contentezza; e mentre sono là, vorrebbero trovarsi qua, e appena tornati qua, subito hanno voglia di scappar via. Tu te ne andrai da un luogo all’altro, come se fuggissi di prigione, o corressi in cerca di qualcuno; ma in realtà inseguirai soltanto le sorti diverse che si mischiano nel tuo sangue, perché il tuo sangue è come un animale doppio, è come un cavallo grifone, come una sirena. E potrai anche trovare qualche compagnia di tuo gusto, fra tanta gente che s’incontra al mondo; però, molto spesso, te ne starai solo. Un sangue-misto di rado si trova contento in compagnia: c’è sempre qualcosa che gli fa ombra, ma in realtà è lui che si fa ombra da se stesso, come il ladro e il tesoro, che si fanno ombra uno con l’altro.